Giovambattista Cuocolo si racconta attraverso una pittura intensa e straordinaria, in un momento particolarmente significativo del suo percorso artistico. Nelle sue tele di largo respiro, la realtà oggettiva è, come sempre, superata per privilegiare una dimensione “altra”, con un linguaggio visionario in un continuo rimando tra il prima e il dopo, il reale e l’immaginario.
Nelle opere di Giovambattista Cuocolo i protagonisti vengono da molto lontano, con il loro carico di paure e smarrimenti, fantasmi del passato che si materializzano in uno spazio senza tempo: sono ritratti senza somiglianze, figure ideali di un passato letto e rivisitato, per esprimere un dolore universale in un linguaggio pittorico dove autore e spettatore si ritrovano stretti in un simbolico abbraccio nel quale ciascuno ritrova i propri segni di appartenenza; ecco come nella pittura di Giovambattista Cuocolo la libertà e l’arbitrio della rappresentazione si trasformano in malessere e inquietudine, per poi mutarsi, attraverso la metafora, in sussurri ed urla, soffocati da pennellate larghe e violente su superfici ruvide e ostili, lacerate, a volte come ferite, dove non c’è spazio per la gioia e non c’è tempo per l’abbandono.
E’ la materia pittorica che prende forma, nascono così immagini straordinarie, sfigurate dal tempo e dalla memoria, ombre che si fanno ossa e sangue, e aggrediscono la tela in un gioco forte e determinato di luci e di colori, laddove la pittura si fa poesia e smarrimento. Osservando le opere di Giovambattista Cuocolo ci accorgiamo di trovarci di fronte a quadri bellissimi, nè pacati né rassicuranti, dove l’artista si è voluto raccontare scavando e graffiando nei colori e nell’anima.
Nelle opere di Giovambattista Cuocolo i protagonisti vengono da molto lontano, con il loro carico di paure e smarrimenti, fantasmi del passato che si materializzano in uno spazio senza tempo: sono ritratti senza somiglianze, figure ideali di un passato letto e rivisitato, per esprimere un dolore universale in un linguaggio pittorico dove autore e spettatore si ritrovano stretti in un simbolico abbraccio nel quale ciascuno ritrova i propri segni di appartenenza; ecco come nella pittura di Giovambattista Cuocolo la libertà e l’arbitrio della rappresentazione si trasformano in malessere e inquietudine, per poi mutarsi, attraverso la metafora, in sussurri ed urla, soffocati da pennellate larghe e violente su superfici ruvide e ostili, lacerate, a volte come ferite, dove non c’è spazio per la gioia e non c’è tempo per l’abbandono.
E’ la materia pittorica che prende forma, nascono così immagini straordinarie, sfigurate dal tempo e dalla memoria, ombre che si fanno ossa e sangue, e aggrediscono la tela in un gioco forte e determinato di luci e di colori, laddove la pittura si fa poesia e smarrimento. Osservando le opere di Giovambattista Cuocolo ci accorgiamo di trovarci di fronte a quadri bellissimi, nè pacati né rassicuranti, dove l’artista si è voluto raccontare scavando e graffiando nei colori e nell’anima.